Supporre che i vetri decorati siano un’ innovazione recente è relativamente corretto: per questo è necessario distinguere le grisaglie dalla decorazione introdotta agli albori del secolo scorso.
Le prime pitture su vetro vennero realizzate, con molta probabilità, dai Bizantini, i quali sostituirono, nei mosaici, il materiale pietroso col vetro.
Ma già nell’Egitto dei Faraoni e nella Roma Imperiale era in uso rivestire le finestre con vetri, talvolta policromi, ed è documentato in numerosi testi medievali, a partire dal VI secolo.
Nel mondo islamico l’arte delle vetrate si univa a quella minuziosa degli stucchi: fu proprio la cultura islamica a diffondere quest’arte in Europa che, dall’epoca carolingia, iniziò ad assumere un carattere specifico, trasformandosi da vetrata prettamente decorativa in vetrata figurata.
E’ da questa epoca che le testimonianze si moltiplicano.
Ne “La vita di S. Ludgerio” si descrivono le vetrate dell’Abazia di Werden, (Germania), nelle quali è anche raffigurato il miracolo del santo che ridona la vista ad una piccola cieca.
Ne “Le cronache di Richerio”, Abate di Leno e Montecassino (1038-1055) si accenna a vetrate “continentibus historias”.
Certamente i più antichi frammenti di vetrate dipinte e legate a piombo risalgono al IX-X secolo: furono rinvenuti durante gli scavi nell’Abbazia di Lorsch, (Francoforte), nel 1932.
Un sicuro esempio sono le 5 vetrate rappresentanti i Profeti, nella Cattedrale di Augusta, (Germania), databili attorno alla fine del X secolo: lo stile e la tecnica altamente professionali indicano che l’arte della pittura su vetro dovesse essere praticata già da lungo tempo.
Quando attorno a Chartres, (Francia), nel XIII secolo si raccolse il centro culturale religioso d’Europa, la tecnica vetraria si diffuse, espandendosi rapidamente, nel resto del continente.
La Cattedrale di Chartres racchiude complessivamente quasi 7.000 metri quadri di vetrate eseguite tra il 1150 ed il 1240. Non a caso accanto alla cattedrale ha oggi sede il centro internazionale di vetrate (Centre International du Vetrail).
In Italia quest’arte si affermò più tardi che in Francia, Germania e Inghilterra; ma una volta varcate le Alpi acquistò presto uno stile particolare. Gli italiani fecero le vetrate colorate e poco trasparenti; e la ragione fondamentale per cui le vetrate italiane si distinguono dalle altre risiede nel fatto che, fin dall’inizio, si trattò di un’arte esercitata da pittori e non da vetrai, come invece avveniva nell’Europa settentrionale.
Gli esempi più antichi di scuola italiana si trovano nel Santuario della Grotta, presso Siena, e risalgono probabilmente alla seconda metà del secolo XIII. Sotto l’influenza di Giotto e dei due artisti senesi Duccio da Buoninsegna e Simone Martini, i pittori su vetro cominciarono a dare il senso del volume e della profondità attraverso il modellato e la prospettiva.
Di Duccio è il disegno per il rosone del duomo di Siena (1288-89), eseguito da maestranze italiane; mentre ad Assisi si trova il maggiore complesso di vetrate italiane, nella Basilica di S. Francesco (1240-1250).
Dal secolo XVI fino al XIX si assiste a un lento declino dell’arte della vetrata; le ragioni di ciò sono molteplici, e parte della responsabilità è imputabile al periodo storico, ricco di sconvolgimenti religiosi, sociali e culturali. La scoperta dello smalto aumentò l’interpretazione pittorica della vetrata che da mosaico in vetro colorato si trasformò lentamente in una vera e propria pittura su vetro bianco, con differenti risultati, portando in generale a una progressiva opacità della vetrata. Nel secolo XVIII erano ormai pochissimi i maestri vetrai in Europa.
Durante l’800, con il rinnovato interesse per il Medioevo e l’affermarsi del neogotico, anche la tecnica della vetrata riprese vigore. In questo periodo si intraprendono grandi opere di restauro che mirano anche a scoprire gli antichi segreti di quest’arte, e nuove composizioni vengono realizzate. La rinascita ebbe inizio in Francia, e alla fine del secolo XIX la Germania diventò il centro della vetrata artistica. Grazie all’opera degli artigiani, e sotto l’influenza delle tendenze moderne, le vetrate cominciarono a diffondersi e a essere impiegate anche in edifici profani; questo utilizzo non era una novità in senso assoluto, in quanto già nel Medioevo le finestre dei castelli e dei palazzi comunali erano impreziosite con motivi araldici o stemmi realizzati a piombo.
L’introduzione del vetro opalescente intorno al 1880 fu una vera e propria rivoluzione tecnica, che portò le vetrate a un più alto grado di espressività, e ciò spiega l’incredibile diffusione che ebbe questa tecnica dal 1900 al 1930. L’Art Nouveau, coi suoi delicati intrecci floreali o geometrici, che si andava affermando in Europa, utilizzava la vetrata come parte integrante dell’architettura e dell’arredamento.
Negli Stati Uniti, L.C. Tiffany realizzò quelle opere che segnarono la sua epoca, opere in cui egli elaborò con sapiente maestria l’incastro di vetri trasparenti e opalescenti.
Nel 1895 Tiffany realizza vetrate su disegno di Toulouse Lautrec e di Bonnard; negli anni successivi anche altri artisti offrono il proprio contributo: Léger,Braque, Rouault, Matisse sono solo alcuni nomi.
Contemporaneamente all’introduzione della tecnica tiffany (invetriatura a rame e stagno) che quasi soppiantò le vetrate legate a piombo, si affermò l’émail tubé, che ebbe enorme diffusione nei primi decenni del ’900.
Nacque per abbattere i costi di realizzazione e consentì la produzione delle “false vetrate”
Si trattava di un procedimento estremamente più snello rispetto alla grisaille, e di grande effetto visivo: una volta tracciato un cordolo di bordura, delineando le forme del disegno da realizzare, estrudendo la pasta da una siringa simile a quelle usate dai pasticcieri, si riempivano le forme con smalti colorati trasparenti, e infine si procedeva alla cottura delle vetrate nei forni.
Ma da un lato il controllo della cottura era estremamente aleatorio e dall’altro il segreto della composizione chimica dei componenti si perse nel tempo.
Dalla fine degli anni 60 si commercializzano tubetti di pasta sintetica, nero pece o antracite (da qualche anno anche colorata), e vernici a freddo, che non necessitano di cottura, poiché essicano in quanto contengono soventi come alcol, benzene o acetone che evaporano a contatto con l’aria.
Tali vernici hanno però un difetto: sono poco stabili e, se sottoposti ai raggi solari, tendono a virare, scolorendo nel tempo.
I have been surfing online more than three hours nowadays, yet
I never discovered any interesting article like yours. It
is lovely price sufficient for me. Personally, if all website
owners and bloggers made excellent content material as you did, the internet shall
be a lot more helpful than ever before.