“Il vetro è una sostanza naturale, un liquido siliceo surraffreddato, cioè un liquido che diviene solido senza possedere il normale punto di congelamento”.
La lavorazione del vetro per mano dell’uomo ha una lunga storia – più di quattromila anni – ma ancora oggi gli scienziati non conoscono l’esatta natura della sostanza.
Tutto quello che possono dire è che si ottiene fondendo determinati minerali e raffreddandoli in modo da impedirne la cristallizzazione; si ottiene così un liquido surraffreddato tanto rigido, o di così alta viscosità, da possedere quasi tutte le proprietà di un solido.
Ingrediente principale di quasi tutto il vetro è la silice, che può essere di sabbia, di cristalli di quarzo o flint.
Per la maggior parte del vetro comunemente in uso, si aggiungono alla silice un fondente, in genere carbonato di sodio, e uno stabilizzante, come il calcare, il cui impasto si scioglie ad una temperatura più bassa, intorno ai 1450°C.
Man mano che si riscaldano, i componenti grezzi gradatamente si decompongono, lasciando uscire i gas e formando un liquido ribollente nel quale alla fine si scioglie ogni componente di silice.
Sono molti i modi di lavorare questo liquido: stampandolo, soffiandolo, filandolo, gettandolo in forme e laminandolo, e sono moltissime le forme definitive che esso può assumere.
Il raffreddamento definitivo, o tempera, è una parte cruciale nella lavorazione del vetro: quando è liquido, il vetro tende a raffreddarsi rapidamente all’esterno e ciò crea una tensione che può facilmente provocare la rottura. Perciò il raffreddamento, come ogni manipolazione di questa fragile sostanza, deve essere graduale e controllato.
Per colorare il vetro bisogna aggiungere altre sostanze. La chimica della colorazione del vetro è ancora oggi piuttosto complessa: molto dipende dalla preparazione delle miscele e da come e quando, nel corso della fusione, il colore entra nell’impasto o sviluppa la sua tinta reale».
(testo tratto da Le vetrate: tecnica e storia, a cura di G. Marchini, Novara 1977)
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